Procaccini Camillo

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CAMILLO PROCACCINI. LA BOTTEGA TRA INNOVAZIONE E TRADIZIONE NELLA MILANO DI INIZIO SEICENTO.

CAMILLO PROCACCINI (Parma 1561 – Milano 1629)

Nasce a Parma il 3 marzo 1561 da Ercole Procaccini il Vecchio e dalla seconda moglie di quest’ultimo. Cresciuto nella bottega del padre pittore, all’età di dieci anni risulta già iscritto all’Arte dei bombasari e dei pittori di Bologna, città di origine della famiglia. Ercole a sua volta pittore affermato, risulta secondo il Lomazzo inizialmente a bottega con Prospero Fontana, anche se più vecchio di soli otto anni.

Decisivo per la carriera del giovane artista è il rapporto con il cardinale Gabriele Paleotti, figura di spicco nella stagione della controriforma e nella applicazione delle convenzioni alle arti figurative. Nel 1582 pubblica infatti il celebre Discorso intorno alle immagini sacre e profane, che detta esattamente i principi a cui si dovevano attenere gli artisti a seguito del Concilio di Trento. Il volume ha una notevole diffusione negli ambienti religiosi ed artistici di tutta Italia e non solo. A Bologna sono i cugini Carracci, a farsi promotori delle nuove istanze, cercando di abbandonare i canoni tardi della maniera per abbracciare modi stilistici in grado di  reggere il passo con i tempi e con le esigenze del culto.

Lo stesso Camillo è coinvolto nel cambiamento, il quale diverrà un tratto essenziale del suo lavoro nel proseguo della formidabile carriera.

In conseguenza del prestigio ottenuto, gli artisti attivi a Reggio Emilia, invitano Camillo Procaccini a dirigere la locale Accademia di pittura e scultura. Il pittore invece sceglie una strada diversa che lo porta a Milano.

Il giovane Camillo si allontana dall’influenza diretta del padre, che comunque lo segue a Milano e dalla tradizione strettamente manierista che ciò comporta, e lascia campo libero ai Caracci che si affermano incontrastati sulla piazza bolognese. Camillo Procaccini è impegnato già nel 1587 nella villa di Pirro I, oggi conosciuta come Villa Borromeo Visconti Arese Litta di Lainate. La villa è conosciuta come di una delle più interessanti residenze nobiliari edificate nei secoli scorsi nel milanese. E’ divenuta celebre, oltre che per gli interni, anche per la straordinaria varietà di mosaici, statue, affreschi, fontane e giochi d’acqua che ornano il giardino ed il ninfeo.

Il conte Pirro I Visconti Borromeo, a cominciare dal 1585, raduna intorno a sé una pletora di artisti del tempo.

L’esperienza lascia nel primo dei Procaccini un’impronta indelebile. Anche se legato a temi religiosi sottoposti ai vincoli della controriforma, continua il suo mestiere con un linguaggio sempre efficace e sciolto con toni cromatici soffusi e delicati che mostrano una sensibilità per il colore vicina al Correggio o a Federico Barocci.
A partire dal volgere del secolo per Camillo Procaccini si presenta una grande affermazione nell’ambito diocesano milanese, a cui non deve risultare estraneo lo stesso conte Pirro I Visconti Borromeo, influente membro del capitolo del Duomo.

Per i committenti ordini religiosi in cui spiccano i padri barnabiti ed in particolare il loro architetto padre Lorenzo Binago, la novità apportata in pittura da Camillo Procaccini deve essere evidente. Accanto alla facilità d’esecuzione del disegno, pratica a cui l’artista si dedica con passione, e che risulta indispensabile per promuovere i propri lavori, Camillo riesce a sostenere le proprie idee pittoriche, che si scontrano con le freddezze coloristiche di Giovanni Ambrogio Figino e l’eccesso di realismo proposto dai cremonesi Campi.

Trova un modo compositivo che unisce il decoro per le rappresentazioni con i virtuosismi pittorici, in cui figure mostruose e bizzarre si uniscono a brani paesaggistici di derivazione fiamminga.

Per almeno un decennio Camillo Procaccini appare il protagonista nella pittura e nella decorazione parietale, in un’ampia zona tra Lombardia, Piemonte, Venezia e la natia Emila.

Con l’inizio del Seicento ad affiancarlo sulla scena milanese si presentano il fratello Giulio Cesare Procaccini e soprattutto Giovani Battista Crespi detto il Cerano.

Lo stato delle anime del 1590 documenta Camillo senza moglie e convivente con i fratelli Giulio Cesare, Carlo Antonio ed il padre Ercole, dal quale solo l’anno successivo, ormai trentenne, ottiene l’emancipazione giuridica per potere incassare in proprio i proventi derivanti dalla sua attività.

Con la fine del Cinquecento si avverte nella produzione dell’artista un adeguamento figurativo in favore di un ritmo più severo e scontato, abbracciando in pieno i canoni pittorici controriformati tutelati da Federico Borromeo, arcivescovo di Milano.

Il posizionato verso formule creative ripetute giocando su determinate varianti, gli permettono di assestare la sua carriera per gli anni futuri, dando impulso ad una affermata e formidabile bottega, in grado di fare fronte alle forti richieste. Nel 1595 Camillo Procaccini risulta sposato con Anna Pagani, da cui ha numerosi figli e che gli sarebbe sopravvissuta. Tra il 1605 ed il 1607 è documentata una grande produzione da parte della bottega.

Il benessere economico raggiunto grazie al talento ed all’attività perfettamente organizzata della bottega, lo porta nel 1605 ad acquistare casa nella parrocchia di San Calimero, dove l’artista risiede per il resto della vita.

Nel 1610 Camillo è impegnato negli apparati per i festeggiamenti per la canonizzazione di Carlo Borromeo.

Camillo Procaccini muore a Milano il 21 agosto 1629, probabilmente a causa della peste.

La bottega viene passata a Daniele Crespi, che a sua volta morirà di peste nemmeno un anno dopo , nel luglio del 1630.

Opere di questo artista: