Guidobono Bartolomeo

Bartolomeo Guidobono (Savona 1654 – Torino 1709)

Il percorso artistico di Bartolomeo Guidobono, conosciuto all’epoca come il frate di Savona, rivela come egli sia aggiornato perfettamente sulla pittura contemporanea grazie ai viaggi compiuti in particolare a Parma, Venezia e Bologna oltre che a Genova dove esercita un periodo di studio nella bottega di Domenico Piola. Subisce l’influenza anche di Valerio Castello, il quale a sua volta avverte la vicinanza con la pittura di area lombardo emiliana ed in particolare di Giulio Cesare Procaccini, presente con una Ultima cena, dipinto di grande dimensioni posto nella chiesa della Annunziata a Genova dal secondo decennio del Seicento.

Come artista si forma nella bottega del padre in qualità di decoratore di ceramiche. Attività che sicuramente forma la mano, la velocità di esecuzione ed una tecnica sopraffina. Come ceramista è attivo anche successivamente in carriera, tanto da eseguire meravigliosi capolavori come i piatti reali di grandi dimensioni ascrivibili al pieno Barocco.

In pittura cerca inizialmente di distinguersi dal mentore genovese per giungere ad una modalità caratterizzata da una forte morbidezza e sinuosità delle forme. Addirittura in certi lavori precorre il Rococò con una grande attenzione per le decorazioni accessorie.

Importante infine è l’influenza della pittura luministica, con la tela trattata con un fondo scuro omogeneo da cui si stagliano i personaggi principali. Le scene sono accompagnate da brani marginali di nature morte di grande qualità che in altri casi sono inserite invece con assoluta rilevanza all’interno della costruzione formale. Per quanto sopra sicuramente la lezione post caravaggesca mediata in senso lombardo e le reminiscenze della pittura fiamminga entrano a pieno titolo nel repertorio di Bartolomeo.

Le sette tele con le Storie di San Innocenzo presenti nel duomo della vicina Tortona e quelle presenti al Santuario della Madonna del Passoscio nel comune di Pigna nell’estremo ponente ligure oggi dispersa ed Il Sant’Antonio Abate nella chiesa di Sant’Antonio a Dolceacqua, possono rappresentare per l’artista una ottima base di meditazione proprio per quello stile che risente della pittura luministica da una parte e l’attenzione per i particolari di quella fiamminga dall’altra. Le opere sono tutte di un grande pittore, oggi disconosciuto,  nato ad Alessandria nel 1587 e morto a Torino in un anno successivo al 1635, Giuseppe Vermiglio.

Bartolomeo Guidobono nasce a Savona nel 1654 da Giovanni Antonio, di professione decoratore di ceramiche e da Geronima Croce. Il certificato di battesimo attesta la celebrazione del sacramento presso la chiesa di San Giovanni Battista.

All’età di venti anni nel 1674 entra in seminario fino al 1679 e quindi prende i voti per cui al tempo acquisisce il soprannome de il prete di Savona.

Sicuramente è avviato piuttosto precocemente al lavoro come decoratore di ceramiche presso la bottega del padre ed inoltre alcune fonti più tarde lo citano come artista molto apprezzato nel difficile mondo dell’arte figulina in Savona.

Ben presto Bartolomeo si dedica all’attività di pittore sia come frescante che come artista da studio.

L’esordio in tal senso si ha tra il 1679 ed il 1680, in cui è occupato alla pittura a fresco della cappella della Crocetta presso il Santuario della Misericordia a Savona in collaborazione con il pittore prospettico bolognese Giovanni Enrico Haffner. Nella cupola è raffigurata la Processione al Santuario mentre sulle pareti sono rappresentati i Miracoli della Madonna.

In questi prime esperienze da pittore a fresco Bartolomeo tenta di andare oltre ai modi appresi come ceramista per sondare la pittura del tempo guardando in particolare allo stile di Domenico Piola. La ripetizione ostentata di piccole figurette tradiscono però ancora il legame con la tradizione ceramica.

La figura di Domenico Piola è stata così importante nella formazione di Bartolomeo come pittore che si suppone un periodo di apprendistato nello studio del maestro. Sicuramente al tempo esiste un forte rapporto di amicizia tra il Piola e la bottega dei Guidobono, tanto che il genovese tiene a battesimo il fratello minore di Bartolomeo, l’omonimo Domenico.

A questo punto sembra accertato lo svolgimento di alcuni viaggi ai fini di approfondire lo studio dei grandi maestri tra Parma, Venezia e forse anche Bologna.

L’attenzione per i capolavori dei pittori che lo hanno preceduto  si rivelano nei modi del Correggio, del Parmigianino, da cui esegue alcune copie fedeli per acquisirne infine lo stile di entrambi nell’affresco visibile nel refettorio del convento dei cappuccini di Savona, L’estasi di San Francesco. Anche Giovanni Lanfranco è citato nella tela L’incredulità di San Tommaso eseguita per l’ex chiesa di San Giovanni Battista ed oggi nel palazzo vescovile di Savona.

Il carro del sole ed altre divinità, affresco posto sulla volta di una sala di palazzo Gavotti a Savona viene messo in relazione con l’opera di Pellegrino Tibaldi in palazzo Poggi a Bologna.

Altre suggestioni nella formazione di Bartolomeo Guidobono giungono oltre che naturalmente dai lavori di Domenico Piola anche genericamente dall’ambiente artistico genovese ed in particolare da Valerio Castello vicino allo stile emiliano lombardo con riferimento soprattutto a Giulio Cesare Procaccini, e quindi all’ambiente lombardo della prima metà del Seicento.

Intorno al 1680 è presente a palazzo Rosso per l’esecuzione di alcuni Medaglioni, come documentato da alcuni pagamenti.

Successivamente verso il 1685 è presente a Torino dove firma gli affreschi con le Storie dei Savoia per il Santuario di Santa Maria di Casanova a Carmagnola.

Sempre in quegli anni realizza l’Aurora nell’appartamento di madama Felicita

nel palazzo reale di Torino ed invia alla città natale l’Annunciazione per il Santuario della Madonna della Misericordia, oggi visibile nella pinacoteca della città ligure. Il confronto è con lo stesso soggetto eseguito dal Piola nel 1679. Guidobono si distingue però per una maggiore morbidezza e dolcezza esecutiva.

Nel 1690 circa il pittore è nuovamente a Genova dove esegue degli affreschi per le ville dei Grillo e dei Durazzo a Pegli ed a Pino, di cui non è rimasto nulla.

A palazzo Rosso esegue lavori per Giovanni Francesco Brignole. Le storie di Daniele affrescate nella galleria e nella cappella sono andati perduti come anche La fucina di Vulcano sulla volta della sala omonima. Oggi sono visibili le scene a monocromo con Emblemi e figure di giganti, dipinti con fare che si avvicina ai quadraturisti bolognesi di cui il savonese aveva evidente  familiarità.

Ancora per il Brignole dipinge come documentato dai pagamenti avvenuti tra il 1694 ed il 1696, quattro tele con le storie di Abramo e Loth, Abramo che convita i tre angeli, Abramo che licenzia Agar, Loth ubriacato dalle figlie, Loth fatto prigioniero.

In queste opere la resa stilistica guarda a pieno alla cultura figurativa lombarda e fiamminga che tanta influenza ha nel corso del Seicento genovese. Le figure dal modellato morbido e sinuoso emergono dal fondo scuro indistinto e la fonte luminosa inquadra piccoli brani indipendenti di natura morta.

Sempre ascrivibili all’ultimo decennio del Seicento sono gli affreschi per palazzo dei Centurione ora Cambiaso. Nella galleria Guidobono realizza Venere che incorona Adone e nella sala Il carro di Giunone tra le Metamorfosi. In questo caso le decorazioni che incorniciano le scene hanno la preponderanza con grandi ghirlande di frutta e fiori, ninfe ed uccelli, satiri ed amorini. Nell’apparato decorativo, forse voluto in occasione di un matrimonio, il pittore anticipa le caratteristiche dello stile Rococò, che negli anni appresso avrebbe dominato nelle decorazioni nobiliari presso le corti europee.

Comparabili con questi lavori a fresco sono alcune tele realizzate a cavalletto   con temi profani, scene allegoriche, favole mitologiche e rimandi alla letteratura romanzesca a cui si aggiungono soggetti tratti dai vangeli apocrifi e comunque destinati ad una committenza privata come le due opere provenienti dalla villa degli Spinola ed oggi in collezione privata, Giaele e Sisara e Sansone e Dalila.

Probabilmente a questo periodo sono da ricondursi i due grandi piatti in ceramica policromi con scene tratte dalla Gerusalemme liberata di Torquato Tasso ed oggi esposti presso il Museo della Ceramica di Savona.

Successivamente al 1692 sono da datare gli affreschi per la chiesa dei santi Giacomo e Filippo a Genova andati perduti per la distruzione dell’edificio durante la seconda guerra mondiale. Oltre a scene dipinti alla mano del Guidobono sono da ricondurre gli affreschi della volta della cappella di Sant’Orsola raffigurante la Gloria della santa.

Nel 1697 è al lavoro presso il Santuario di Nostra Signora Assunta in cui dipinge la volta della cripta, lo scurolo e le lunette laterali con l’Incoronazione della Vergine e nel refettorio del convento la Cena in Emmaus.

Sempre in quegli anni dipinge la pala con La Vergine e le anime del purgatorio per la chiesa parrocchiale di Montoggio e la Circoncisione per l’altare della chiesa di San Giorgio a Moneglia.

Nel 1702 è nuovamente a Torino dove è all’opera nella chiesa di Nostra Signora del Pilone con la decorazione della cupola con la Gloria della Trinità.

Nel 1705 risulta essere nella capitale sabauda anche il fratello Domenico. L’anno seguente sono al lavoro per provvedere ad una macchina scenica con i santi protettori della città per una novena propiziatoria nella chiesa di San Francesco da Paola. Sempre per la stessa chiesa i fratelli Guidobono realizzano diverse opere. Oggi sono ancora visibili l’affresco con la Visione di San Francesco da Paola ed un medaglione con la mezza figura dello stesso santo.

Bartolomeo Guidobono muore a Torino il 24 gennaio 1709 e viene sepolto nella chiesa di San Francesco da Paola, come certificato dall’atto di morte della parrocchia.

Opere di questo artista: