Spanzotti Giovanni Martino

GIOVANNI MARTINO SPANZOTTI

(Varese ? 1455c. – Chivasso ante 1528)

 

Giovanni Martino Spanzotti nasce intorno al 1450/1455 si presume a Varese, dove la sua famiglia denominata Campanigo, nel corso di alcune generazioni enumera diversi pittori, anche di una certa fama. La madre ha il nome Orsolina. 

Il padre Pietro è presente a Casale, nuova capitale del marchesato paleologo, dall’agosto 1470, data in cui prende in enfiteusi perpetua dal capitolo del duomo una casa per se e la famiglia. Suoi fratelli documentati sono Gabriele e Francesco. Il primo sarà canonico del duomo mentre nel secondo la critica aggiornata ha identificato il Maestro di Crea. 

Giovanni Martino tra il 1470 ed il 1480 conduce il suo apprendistato presso la bottega paterna a Casale e con tutta probabilità svolge alcuni viaggi di studio. 

In data 29 aprile 1480 Martino è presente per la prima volta in un atto pubblico e definito Mediolanum pinctore.  In data 30 agosto 1480 risulta testimone in un atto con il fratello Gabriele. 

Verosimile la sua presenza a Bologna e forse a Ferrara, dove può apprendere i modi di Francesco del Cossa, (tarsie in San Petronio, altare Griffoni…) ed aggiornarsi sulle novità di Piero della Francesca. La sua precocissima Madonna con il Bambino (Madonna Tucher) (SGM0001) databile tra il 1475 ed il 1480, proveniente dalla collezione Tucher di Monaco di Baviera, oggi visibile presso il Museo Civico di Torino, è derivata sicuramente da alcuni cartoni del pittore ferrarese disegnati per la realizzazione della vetrata per la chiesa di San Giovanni in Monte, eseguita nel 1467 da Giacomo e Domenico Cabrini. La prospettiva è la lezione fondamentale che sembra trarre da questa opera piuttosto precoce. Quasi uno studio ad uso didattico per considerarsi al passo con i tempi. 

Dello stesso periodo può annoverarsi la Madonna con il Bambino (Madonna del gatto) (SGM0002) nella J.G.Johnson Art Collection di Philadelphia.

La prima opera databile per attinenza in una citazione della Santa Caterina nell’affresco di Antonio Merli nella chiesa di San Lazzaro a Sannazzario Sesia e datato 10 ottobre 1480,  è un Polittico smembrato (SGM0003) a cui sono  derivate due tavole oggi alla Galleria Sabauda di Torino appartenenti alla collezione Contini Bonacossi con Santa Caterina e (________) e con tutta probabilità sulla predella tre serie di apostoli oggi divisi tra il Museo Cristiano di Esztergom, la collezione della Privat Kredit Bamk di Ginevra ed una collezione privata pubblicata da Michel Laclotte nel 1975. 

Dal clima artistico della capitale lombarda sembra debitore nei confronti Vincenzo Foppa, del Bramante, di Bartolomeo Suardi detto il Bramantino e di Zanetto Bugatto, da cui accoglie le istanze dell’arte fiammighe interpretate alla corte dei duchi.

Con l’influenza di Antoine de Lonhy che dal 1462 porta in Piemonte l’arte provenzale, Spanzotti assume in se la caratteristica della pittura del territorio dei due versanti delle Alpi di tutto il secolo XV, tra il Gotico morente ed il Rinascimento incipiente.

Nel periodo appena successivo si colloca l’affresco Madonna e Padri della Chiesa in adorazione del Bambino (SGM0004) nella chiesa di San Francesco a Rivarolo Canavese.

Se nel 1480 è documentato a Casale , nel 1481 è a Vercelli dove compare in un atto datato 5 novembre. E’ denominato “magister”, appellativo solitamente attribuito a chi professa con onore il mestiere di pittore con relativa bottega.

Da considerarsi in questo lasso di tempo è lo Sposalizio mistico di Santa Caterina (SGM0005). L’opera di proprietà del marchese Emanuele d’Azzeglio è battuta all’asta nel 1868 con grande parte  dell’arredo della casa londinese. Dopo tortuosi passassi di mano arriva al mercante Franck Partridge, la cui galleria Vine distrutta durante la seconda guerra mondiale. Il pezzo non mai emerso dal mercato antiquariale. La tavola si avvicina stilisticamente alla produzione iniziale intorno al 1480. Particolare è la citazione sullo scollo dell’abito della Vergine Humile et alta più che creatura proveniente dal XXXIII canto del Paradiso della Divina Commedia. La colta e raffinata corte paleologa può rappresentare la destinazione naturale per questa opera di devozione privata. Indicativa è l’edizione nidobeatina della Divina Commedia stampata a Milano entro il 1478, la quale riporta una dedica proprio a Guglielmo VIII Paleologo marchese del Monferrato. 

L’opera in ubicazione sconosciuta può rappresentare una delle prime opere realizzate a Vercelli in quanto recentemente si è scoperto citata in un affresco nella chiesa di San Marco con la Madonna in trono con il Bambino ed un santo vescovo (SGM0006) assegnato alla mano dello Spanzotti. 

Negli anni Ottanta è quindi presente a Vercelli ma in data 18 agosto 1489 un atto lo da residente a Casale.

Nel decennio sono realizzate opere importanti. 

Il Trittico Madonna con il Bambino, sant’Ubaldo e san Sebastiano (SGM0007) è oggi alla Galleria Sabauda di Torino e risulta l’unica opera firmata Hopus Johannis Martini Casalen. Gli scomparti laterali giungono da collezioni private di Milano e Torino, mentre quello centrale è stato acquisito dal Vesme nel 1899 a Serralunga di Crea. Il fatto che con la firma fosse stata espressa la dicitura casalese fa supporre che l’opera non fosse stata eseguita per la capitale del marchesato. Inoltre la presenza a Serralunga di Crea fa ritenere che l’opera intera fosse presente in origine al Santuario di Crea, luogo deputato alle committenze del marchese Guglielmo XVIII Paleologo, il quale fece decorare la cappella di Santa Margherita al pittore identificabile con Francesco Spanzotti fratello di Martino.

Sempre dal Santuario di Crea realizzate su cartoni di Giovanni Martino Spanzotti provengono due vetrate con la Vergine annunciata (SGM0008) e l’Angelo annunciante (SGM0009), oggi al Museo Civico d’Arte Antica di Torino ed acquisite dall’Amministrazione del Santuario con deliberazione 30 ottobre 1951. 

Stesso periodo per l’ancona con l’Assunta (GCM00010) per la chiesa di San Maurizio a Tronzano Monferrato. L’opera risente dell’influenza del primo Zenale e quindi databile alla fine del decennio. Si ritiene sia presente anche la mano del cognato Aimo Volpi. 

Sempre tra il 1486 ed il 1491 Giovanni Martino è impegnato nell’opera più importante ed impegnativa della sua carriera e da considerarsi come caposaldo dell’arte italiana della seconda metà del Quattrocento. Il ciclo decorativo con le Storie di Cristo (SGM00011) per la chiesa di San Bernardino a Ivrea.

Oltre a rappresentare le scritture come desiderato dal committente in una sorta di “biblia pauperorum”, Spanzotti introduce una forte carica emotiva che rendono le scene particolarmente vicine alla verità francescana propria degli umili.

Esiste uno stacco temporale tra la prima fase decorativa ancora vicina al Trittico della Sabauda e la seconda fase in cui il pittore sembra avere acquisito le istanze milanesi di Butinone e Zenale e del primo Bramantino ed una attenzione ai trapassi di luce di ascendenza ligure-provenzale.

Attinenti ai riquadri centrali del ciclo eporediese si possono fissare almeno due versioni dello stesso soggetto. La Pietà di Cristo (SGM00012) del Museo delle Belle Arti di Budapest e la tavola con Cristo in Pietà ed eterno benedicente (SGM00013) nella chiesa del Cuore Immacolato di Maria a Valle dei Rossi presso Sommariva Perno. Ed una terza versione da datare in conclusione dell’impresa Pietà di Cristo (SGM00014) di difficile lettura per le cattive condizioni di conservazione visibile presso il Museo di Palazzo Venezia a Roma. 

Al 1488 è riferibile il Polittico Tana (SGM00015) per la chiesa di Sany’Agostino a Chieri. Opera andata perduta.

Da decifrare è la presenza di Giovanni Martino Spanzotti al Sacro Monte di Varallo negli anni intorno al 1486, come scultore ligneo. Il Compianto su Cristo morto, della Pinacoteca Civica di Varallo attribuito con certezza all’opera dei fratelli De Donato, reca in se affinità stilistiche impressionanti con l’artista casalese. Si può supporre a tale proposito la predisposizione da parte dello Spanzotti dei disegni preparatori e quindi la successiva esecuzione dei De Donato.

Dal 1490 Spanzotti ricompare con una certa frequenza nei documenti a Vercelli. 

Il 28 novembre del 1490 prende a bottega Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma. Il contratto prevede una durata di dieci anni anche se non sembra che il periodo di allunato si sia protratto così a lungo.

Il 3 gennaio 1491 Spanzotti venne incaricato da Nicolò Aiazza di dipingere un polittico per la cappella di S. Tommaso d’Aquino nella chiesa domenicana di S. Paolo, che doveva raffigurare la Madonna e i santi Tommaso d’Aquino, Giovanni Battista, Giovanni Evangelista, Gerolamo, Caterina e Lucia, oltre al committente e alla moglie Linoria. (SGM00016/17). La consegna è fissata per il Natale successivo. In realtà l’11 gennaio 1492 l’ancona risulta non ancora terminata. Dal contratto di allogazione sappiamo che le tavole dovevano essere dipinte a Vercelli così come la cornice intagliata a Casale.

A questo polittico è ipotizzata l’appartenenza della tavola con la Madonna con il Bambino (SGM00016) della Pinacoteca dell’Accademia Albertina di Torino. Forse anche una Pietà (SGM00017) in collezione privata forse con la funzione di cimasa. 

L’11 agosto del 1491 Spanzotti prende in affitto una casa con bottega nei pressi della chiesa di S. Maria Maggiore. Il 15 maggio del medesimo anno Giovanni Trissino da Lodi ottiene l’incarico dallo stesso Aiazza di affrescare due cappelle in S. Paolo. La stima del lavoro  spetta a Giovanni Guidetto di Sostegno e a Spanzotti. 

Agli anni Novanta risalgono due Pietà. Una Pietà (SGM00018) in una collezione privata torinese e una Pietà (SGM00019) già nella raccolta Bardini di Firenze, probabili cimase di polittici.

Il pittore nell’anno 1494 sposa Caterina Pianta di Lauriano originaria di Chiasso.

Giovanni Martino viene pagato 15 fiorini e 4 soldi, il 6 marzo 1494 per ordine di Bianca di Monferrato, duchessa di Savoia, per gli addobbi per le esequie del marchese di Casale Bonifacio Paleologo nella chiesa di Santa Maria Maggiore. Ancora il 2 aprile gli vengono saldati quattro scudi per la tomba di Luisa di Vexey, dama di compagnia della stessa Bianca. 

Il pittore risulta ancora presente a Vercelli in un documento del 7 maggio ed in uno del 28 maggio in cui Giovanni della Chiesa sottoscrive a suo nome un accordo per prendere a bottega per sei anni il lodigiano Giovanni Antonio della Bona. 

Tra il 1495/1496 sono databili le tavole di un polittico smembrato nella chiesa di Santa Lucia a Conzano, forse attribuibili ad un collaboratore di bottega con Santo Stefano, Santa Lucia, San Maurizio, Santa Caterina d’alessandria  (SGM00020).

Sempre a Conzano nella chiesa di San Maurizio è visibile la tela della dell’Assunta (SGM00021) attribuibile alla mano di Spanzotti. 

il Polittico del Ponte (SGM00022) eseguito per la chiesa di San Francesco a Casale. Oggi il polittico è disperso tra la Pinacoteca di Brera, la Pinacoteca dell’Accademia Albertina, la National Gallery ed una collezione privata. 

Con il Polittico del Ponte il linguaggio di Spanzotti sembra evolversi in direzione nordica sia per le trasparenze luminose che per le acutezze del disegno. 

Per questa attinenza linguistica si possono associare al periodo due tavole. Una Annunciazione (SGM00023) in collezione Gerli a Milano ed un Sant’Antonio Abate (SGM00024) in collezione privata. 

A Vercelli Giovanni Martino Spanzotti lascia sicuramente un segno forte con decorazioni a fresco e tavolette per i soffitti che riportano indubbiamente il suo stile.

Un documento del gennaio 1498 indica Spanzotti come residente nella capitale monferrina, ma il 21 dicembre dello stesso anno egli elegge quattro procuratori, probabilmente in vista di un’assenza prolungata a favore della corte sabauda. 

Il 29 luglio 1500 un documento lo dà comunque residente a Casale, dove il 20 settembre 1501 riceve insieme al notaio Comono Pellizzoni 40 piedi di terra dal capitolo del duomo, per edificare l’oratorio della Compagnia degli Angeli, di cui era rappresentante. L’11 maggio 1502 è impegnato dal testamento del padre (che già ne aveva redatto uno nel 1499) a saldare un debito contratto da quest’ultimo a Varese. 

Il 5 di agosto Spanzotti è a Chivasso, dove riceve dal Comune l’incarico di dipingere immagini votive della Madonna accompagnate dagli stemmi civici sulle porte della città. L’opera scompare già nel 1538, sostituita dagli stemmi degli occupanti francesi realizzati dal figlio di Giovanni Martino, Pietro Evasio Spanzotti.

Il 25 ottobre 1507 Spanzotti, da Chivasso, rimanda a Carlo II di Savoia una sua copia di una Madonna «florentina», accompagnandola con una lettera in cui definisce la propria versione «equale et in qualche parte di meglio de l’altra». Si tratta della Madonna di Orléans di Raffaello, come dimostra il fatto che, pur perduta la copia di Spanzotti, esistono tuttora numerose derivazioni di area spanzottiana (almeno tre, due oggi a palazzo Madama a Torino e una in collezione privata spettano a Gerolamo Giovenone). 

Dal 1513 a Torino ottiene la cittadinanza e diventa pittore di corte dei Savoia con commesse di prestigio. Nel periodo torinese trovano posto a bottega Defendente Ferrari e Gerolamo Giovenone.

Il Polittico dei Santi Crispino e Crispiniano (SGM00025) nel duomo di Torino ed il Battesimo (SGM00026) sempre nel duomo di Torino, sono realizzati con la collaborazione di Defendente Ferrari per cui è difficile distinguere i vari apporti reciproci. La grande pala del Battesimo è considerata uno dei massimi capolavori del Rinascimento piemontese. Commissionata nel 1508 dalla Compagnia di San Giovanni Battista per il proprio altare all’interno della cattedrale.

Di questo periodo è la Madonna con il Bambino ed i santi Gerolamo e Giovanni Battista (SGM00027) oggi alla Galleria Sabauda.

Il tipo di Madonna allattante del polittico del duomo è destinato a grande fortuna e divenne un tema di successo di Defendente e dei suoi seguaci. Di certo, il linguaggio di Spanzotti dopo il ciclo di Ivrea subisce una trasformazione a tratti sconcenrtante. 

Lo sguardo alla cultura figurativa milanese lascia il campo ad un recupero complesso della tradizione pittorica nord occidentale.

Il 2 settembre 1509 Spanzotti scrive a Feliciano Cavassa della collegiata dei santi Pietro e Paolo di Carmagnola. La lettera recapitata da Francesco della Porta, lignamario chivassese, specifica che, in sua assenza, le misure per una ancona in lavorazione sono state prese errate. L’ancona viene comunque saldata nel novembre del 1513.

Il 13 febbraio 1511 il pittore riceve un anticipo di 25 scudi dal duca di Savoia per dei lavori dei quali non si conosce nulla.

Lo stesso anno  il pittore è di ritorno a Casale. Il 23 settembre gli viene commissionata un’ancona con al centro una Annunciazione (SGM00028) per S. Maria di Piazza. La settimana dopo fece da procuratore per il fratello Gabriele. In ogni caso è nuovamente a Chivasso il 4 febbraio 1512 e il 13 aprile 1513, quando riceve la cittadinanza di Torino. 

Il trasferimento in quest’ultima città avviene nel 1514. Il 19 dicembre Giovanni Martino, con atto stipulato in Torino, vende la sua abitazione chivassese. 

A Torino il pittore risulta presente il 3 aprile e nuovamente il 20 settembre 1520, data in cui riceve un pagamento dal duca Carlo II. 

L’unica traccia pittorica ancora conservata è l’affresco con Elemosina di Sant’Antonio Pierozzi (SGM00029) a una data prossima al 1523, nella chiesa di S. Domenico a Torino. Il 13 giugno 1524 ottiene la non indifferente somma di 65 scudi d’oro del sole da Dorotea vedova di Sigismondo Asinari di Camerano, come compenso per un S. Francesco stigmatizzato (SGM00030), già commissionato dallo stesso Sigismondo nel 1497, opera dipinta con colori preziosi per la chiesa di S. Francesco a Casale. Al Museo d’Arte Antica di Torino è visibile un Cristo sul sepolcro con angeli piangenti (SGM00031) attribuibile a Giovanni Martino Spanzotti. 

Una tavoletta con Adorazione dei Magi (SGM00032) è alla Galleria Sabauda di Torino.

Nella chiesa di Sant’Agostino a Torino sono presenti un frammento di affresco probabilmente realizzato da Spanzotti con la Madonna e l’Angelo (SGM00033) ed una tavoletta con San Tolentino (SGM00034).

A Ciriè nella chiesa di San Giuseppe è visibile una tavola con la Madonna dei mercanti (SGM00035) attribuibile genericamente alla bottega di Spanzotti forse con la partecipazione di Defendente Ferrari. 

A Casale nell’oratorio del Gesù è collocato il Polittico di Sant’Anna (SGM00036) attribuibile alla bottega spanzottiana. Sempre a Casale nel Museo Civico è visibile lo Stendardo del Corpus Christi (SGM00037) databile 1505/1510 ad opera della bottega.

A Saluzzo nel Duomo è posizionato il Polittico dei santi Cosma e Damiano (SGM00038) attribuibile ad un pittore spanzottiano. 

Nel Museo di Castelvecchio a Verona esiste una tavola con Santa Caterina da Siena (SGM00039) attribuibile alla mano di Spanzotti. 

Si registra anche la presenta di una tavola raffigurante Sant’Agostino ed altro santo  (SGM00040) in ubicazione sconosciuta.

Probabilmente Spanzotti torna definitivamente a Chivasso, dove sono redatti gli ultimi documenti che lo riguardano. Una multa decretata dal Comune nel 1525 e un’iscrizione negli elenchi esattoriali l’anno successivo sono le ultime testimonianze in vita di Spanzotti, che risulta morto in un ulteriore documento, ancora chivassese, del 2 novembre 1528.

Nell’ultimo periodo sabaudo Spanzotti sembra indugiare sul gusto nordicizzante testimone dei contatti espressivi con l’area alpina ligure e provenzale. Probabile artefice principale della contaminazione è Antoine de Lonhy, il tolosano che condiziona anche gli esordi di Gandolfino da Roreto. 

Il rapporto stretto collaborativo con Defendente Ferrari già attestato sul gusto luminoso ed aspro della pittura nord occidentale può avere influito sulle scelte torinesi del collega.

A Casale l’azione irradiante di Spanzotti si perpetua con la presenza dei fratelli Aimo e Balzarino Volpi. Il primo è anche il cognato di avendone sposato la sorella Dorotea.

Sono proprio i Volpi a contrastare efficacemente l’opzione figurativa di Macrino d’Alba, prima di cedere il passo ai pittori stranieri come Giovanni Francesco Caroto da Verona ed il fiammingo Pietro Grammorseo che diviene anche genero di Francesco Spanzotti avendone sposato la figlia. 

A Vercelli è Gerolamo Giovenone a raccogliere il testimone prima di svoltare in direzione dell’ultimo astro nascente di nome  Gaudenzio Ferrari.

Come il padre Pietro Spanzotti, documentato sempre a Casale dal 1470 fino alla morte avvenuta dopo il 1503, è pittore anche il fratello Francesco, lui pure documentato sempre a Casale dal 1483 al 1522, e già morto nel 1531. Gli studi hanno ormai trovato accordo nell’identificare in Francesco il cosiddetto Maestro di Crea, autore degli affreschi della cappella di S. Margherita nel santuario di Crea, eseguiti su commissione del marchese Guglielmo VIII Paleologo entro il 1479. Francesco Spanzotti è l’autore anche del polittico voluto da Marco Scarognino prima del 1486 per S. Maria delle Grazie a Varallo Sesia, oggi nella locale Pinacoteca, una Natività negli Staatliche Museen di Berlino e una pala in collezione privata.

L’insegnamento dell’arte di Giovanni Martino Spanzotti risulta decisiva per schiere di pittori piemontesi dell’epoca. In particolare debitore del maestro casalese e delle sue suggestioni compositive e cromatiche sarà Gaudenzio Ferrari.

Opere di questo artista: