GAUDENZIO FERRARI E GLI ALTRI. DA VERCELLI A ROMA IL VIAGGIO DEI MAESTRI PIEMONTESI E LOMABARDI AD INIZIO ‘500
Forse a seguito della commissione al Perugino del polittico della Certosa di Pavia datato 1499, nei primi anni del Cinquecento si compie un viaggio a Roma da parte di una serie di importanti artisti dell’area piemontese e lombarda.
Il viaggio sicuramente avvenuto è decisivo per l’aggiornamento di coloro che saranno i protagonisti delle sorti pittoriche del Piemonte occidentale.
Secondo il trattato del Lomazzo stampato nel 1584 i maestri di Gaudenzio Ferrari vanno ad individuarsi nel milanese Stefano Scotto, attivo nella Venerando Fabbrica del Duomo ed addirittura nel Perugino. Questa fonte risalente ancora al Cinquecento e quindi degna di considerazione, non vincola ad allargare la carica di influenzer che operavano al tempo nella città eterna, quali Luca Signorelli, Pinturicchio, Filippino Lippi ed altri protagonisti del Rinascimento italiano, che hanno appena lasciato il segno o lo stanno per lasciare.
Alcune fonti tarde prive di consistenza hanno diffuso la notizia, assurta al ruolo di leggenda, per cui Gaudenzio fosse presente come aiuto di Raffaello alle Logge Vaticane.
Tra le date indiziate del viaggio spicca proprio il 1500. In quell’anno si svolge infatti l’ottavo Giubileo della chiesa romana, indetto da papa Alessandro VI Borgia, grazie alla bolla Inter multiplices del 28 marzo 1499. E’ lo stesso papa a varcare in ginocchio la Porta Santa il 13 aprile 1500, dando inizio ufficialmente all’anno santo.
Il 29 giugno crolla il soffitto nei palazzi apostolici ed il papa catalano considerato morto, esce indenne grazie ad una trave rimasta intatta nel muro.
Il Giubileo dell’anno 1500 è il primo che riesce ad avvalersi della promozione formidabile della stampa. La Bibbia Latina con 42 linee per pagine è stata stampata più di cinquanta anni prima, nel 1448.
Il binomio offerta in denaro – indulgenza, a cui erano sottoposti la moltitudine di fedeli, e l’utilizzo sconsiderato del nepotismo papale, innesca soprattuto nei paesi del nord una forte reazione anticuriale romana e l’accusa diretta di simonia.
Questo quadro in cui matura il Giubileo del 1500, avrà come conseguenza la scissione della Chiesa Latina di Occidente, in protestante e cattolica.
Con Gaudenzio partecipa sicuramente al viaggio anche Eusebio Ferrari. Egli lascia testimonianza di sé con l’incisione “Eusebio de Vercelli” posta sulla volta gialla della Domus Aurea. Lo stesso artista sarà artefice delle decorazioni a grottesca nel palazzo protonotario Annibale Paleologo di Vercelli e indiretto autore delle complesse impaginazioni di palazzo Alciati. Sempre riconducibili al senso di modelli archeologizzanti del centro Italia appiano la Madonna della Provvidenza nella chiesa di San Giuseppe a Borgomanero e l’Angelo annunziante già nella chiesa delle Grazie o della Visitazione a Vercelli ed oggi al Museo Borgogna.
Anche la presenza di Giovanni Martino Spanzotti è ravvisabile, secondo alcuni, in una incisione sulla volta della Domus Aurea. Il casalese potrebbe avere effettuato il viaggio d’esordio nel corso degli anni Settanta del Quattrocento proseguendo dal suo itinerario bolognese, altamente probabile. Una seconda puntata a Roma potrebbe essere stata effettuata proprio in compagnia degli altri colleghi artisti.
Con Gaudenzio ed Eusebio sicuramente presenti nella trasferta romana, se si aggiunge quella probabile di Giovanni Martino, allora occorre inserire anche la figura di Defendente, sempre sodale con il maestro casalese. Nel gruppo potrebbero essersi aggiunte anche altre personalità di prestigio come Francesco Spanzotti, fratello di Giovanni Martino, forse un giovanissimo Pietro Grammorseo genero futuro di quest’ultimo e qualche esponente della famiglia Giovenone.
Nel caso di una spedizione così copiosa potrebbe essere stata la Arcidiocesi a farsi promotrice per la parte vercellese ed il marchesato dei Paleologi per la parte casalese.
In entrambi i casi l’attrazione per il Giubileo ed il rispetto per il potente papa Borgia
Con il gruppo di pittori piemontesi si riscontra quasi certamente la figura del Bramantino. Il grande artista milanese è il fautore, lui stesso, di una rivoluzione del linguaggio figurativo secondo canonici prospettici e luminosi originali. Egli è documentato a Roma nel 1508 dove soggiorna per almeno un anno. Il 4 dicembre 1508 è pagato per alcuni dipinti ancora da eseguire per il Vaticano. Ha sicuramente modo di vedere e studiare gli affreschi appena realizzati da Melozzo da Forlì, che saranno fondamentali nella sua maturazione artistica.
Secondo il Vasari due storie dipinte a fresco dal Bramantino, volute da papa Nicola V sono state buttate a terra da papa Giulio II, per fare posto ai lavori di Raffaello. Il Bramantino potrebbe avere fatto precedere la sua lunga permanenza del 1508, da un primo viaggio proprio in compagnia dei colleghi vercellesi.
La commistione tra le opere dei grandi maestri rinascimentali del centro Italia con quelle in area lombarda guidate dal Bramantino, ma che annoverano, tra gli altri, anche Vincenzo Foppa, Bramante e Zenale, saranno alla base della nuova visione pittorica che si vede inizialmente sui muri dell’oratorio di san Bernardino di Ivrea e che quindi attecchirà nelle botteghe e nei cantieri delle valli e delle città piemontesi.
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