I GIOVENONE, UNA FAMIGLIA DI ARTISTI A VERCELLI
Se la bottega di Eusebio Ferrari sembra spegnersi con il titolare nei primi anni Venti del Cinquecento a causa della peste, sono i Giovenone prima ed i Lanino poi a proseguire in Vercelli la tradizione della pittura, con Gaudenzio come mentore per entrambi in modi ed in tempi differenti.
I Giovenone sono testimoni di una lunga stagione artistica che copre più di un secolo. Nonostante vengano citati spesso dai documenti come provenienti da Novara, sono stabilmente inseriti nel contesto vercellese. Il capo famiglia Amedeo conduce una importante bottega artigiana che si dedica alla carpenteria in legno ed in particolare alla costruzione di ancone.
Amedeo ha almeno tre figli maschi. Il primo genito Giovanni Pietro segue l’attività del padre e viene documentato più volte come l’autore della carpenteria in legno di dipinti per importanti committenze. A sua volta uno dei figli, Giovanni Battista si segnala come autore di alcuni dipinti, compiendo una carriera artistica di una certa rilevanza e morendo nel 1573.
Il figlio minore Giuseppe, seguendo una lucida strategia di avvicinamento famigliare all’astro nascente Gaudenzio Ferrari, si impiega come allievo con atto redatto in data 9 gennaio 1521. Il rapporto si trasforma in collaborazione a lungo termine fino alla tarda stagione milanese, che vede Gaudenzio operare con successo.
L’altro figlio Gerolamo, probabilmente secondo genito, è colui che diviene uno dei più importanti pittori del Cinquecento in area piemontese. Risulta molto amato dalla critica del tempo per i suoi modi misurati, frutto di equilibri tra sensazioni rivolte al passato ed altre visioni più moderne.
Gerolamo Giovenone nasce intorno al 1485/1490 a Vercelli e viene inviato ad apprendere il mestiere fuori dall’ambito cittadino, come era giusto secondo le indicazioni della tradizione pittorica. Si impiega nell’orbita di Giovanni Martino Spanzotti, probabilmente nel periodo in cui apre bottega a Chivasso. Il vercellese opera a stretto contatto con Defendente Ferrari, altro collaboratore del pittore casalese, con cui condivide oltre ad una stretta attività formativa anche l’intervento congiunto in alcune opere.
Intorno al 1514 Gerolamo sembra staccarsi dai modelli spanzottiani defendenteschi per affrontare un serio percorso di aggiornamento rivolto a Gaudenzio Ferrari. Le suggestioni stilistiche e formali apprese dal maestro valsesiano, da questo momento si moltiplicano anche per la stretta collaborazione con lo stesso e la naturale condivisione dei modelli, disegni e cartoni.
L’entrata in bottega del più giovane fratello Giuseppe rende ancora più stretto il legame tra Gaudenzio e Gerolamo, che però non impedisce a quest’ultimo di costituire una alternativa autonoma e raffinata presso una certa tipologia di committenti più rivolti alla tradizione e meno alla modernità.
Anche tre dei figli di Gerolamo svolgono una attività artistica documentata. L’unico però a effettuare un percorso riconoscibile ed autonomo è Giuseppe detto Il Giovane, per distinguerlo dallo zio. Proprio Giuseppe il Giovane, come si evince da un documento del 1583, è colui che si occupa della parte più consistente del patrimonio grafico di bottega lasciato dal padre, in accordo con i fratelli Amedeo e Paolo. a Vercelli
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